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Lontano da casa. Nostalgia e nuovi equilibri nel cammino artistico

Aggiornamento: 7 nov

Viaggiare per lavoro può essere un privilegio: nuove città, palchi inattesi, incontri che restano nella memoria.

Per molti artisti e professionisti itineranti è parte del mestiere.

Accanto a ciò che si vede però, l’entusiasmo, le opportunità, il movimento, esiste una parte più silenziosa, quello che si sente dentro, quando si rimane lontani da casa per molto tempo.

Non sempre è semplice e non significa “non essere abbastanza forti”.


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Quando le radici si spostano


Casa non è solo un luogo.

È un insieme invisibile di abitudini, volti e routine che ci aiutano a rimanere interi.

Quando siamo lontani, continuiamo a funzionare, ma su un terreno nuovo, che richiede tempo per diventare familiare. Alcune persone si muovono con facilità in questo terreno, altre hanno bisogno di rientrare periodicamente per ritrovarsi.



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Nessuna delle due modalità è migliore: sono modi diversi di stare al mondo.

La nostalgia non sempre arriva come un’ondata. A volte è un filo leggero che tira, una presenza discreta che dice:

“Una parte di te è altrove”.

Non va repressa: spesso è solo un promemoria di ciò che ci sostiene.




Nostalgia e presenza


Si può essere in un luogo, ma non esserci del tutto.

Capita di tornare in hotel dopo uno spettacolo incredibile e sentire una sorta di vuoto: non uno scoramento, ma un piccolo scarto tra ciò che viviamo fuori e ciò che abita dentro.

Dal punto di vista psicologico, questa sensazione è del tutto normale. Essere lontani richiede una continua riorganizzazione interna, si cambiano ritmi, riferimenti, relazioni e il corpo deve trovare ogni volta nuove ancore.


I segnali possono essere sottili: respiro più corto, tensione al petto, stanchezza profonda, irritabilità, difficoltà a concentrarsi. Il corpo che dice “sto lavorando per adattarmi”.

Ascoltarlo significa riconoscere che abbiamo un mondo interno che si muove insieme a noi.


Il corpo che comunica


Quando la vita esterna chiede flessibilità, anche la parte fisiologica entra in gioco.

Il sistema nervoso lavora per regolare la nostra risposta interna ai continui cambiamenti, l’ambiente, le persone, gli orari.

È un processo normale, ma richiede energia.


La vera domanda diventa: sto ascoltando veramente i segnali interni, mentre vivo ciò che amo?

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Non siamo tutti uguali


Le persone non reagiscono nello stesso modo alla distanza. Dipende dalla storia personale, dalla sensibilità, dalla capacità di regolazione emotiva e dai modelli interiori che ci hanno accompagnato nella crescita.


C’è chi crea una “casa interna” ovunque si trovi e chi invece ha più bisogno di tornare ai propri luoghi fisici per ritrovare stabilità.

Non c’è un modo giusto: c’è ciò che funziona per te, adesso.

Il giudizio, “dovrei farcela”, “gli altri ci riescono”, spesso blocca più della distanza in sé.

La realtà è che quello che senti… è semplicemente quello che senti.

E merita ascolto.


Zona comfort: esiste davvero?


Si parla spesso di uscire dalla comfort zone, quasi fosse l’unica via per crescere, ma la crescita non nasce dall’esposizione costante allo stress.

Cresciamo quando possiamo alternare: radicamento → espansione → integrazione

Non siamo fatti per essere sempre “fuori” dalla comfort zone.

Senza una base interna, il movimento non libera: consuma.


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Uscire, sì, ma con consapevolezza.


Rientrare è altrettanto necessario.

A volte la vita ci porta comunque fuori dalla zona conosciuta, anche senza volerlo. La questione non è forzarsi ancora di più, ma ascoltare come stiamo e come possiamo prenderci cura di noi mentre viviamo ciò che accade.

Prima di tutto capire cosa non ci lascia davvero tranquilli

A volte, ciò che fa star male non è la distanza, ma il motivo per cui ci troviamo lontani.

Possiamo intraprendere una professione perché siamo bravi in quella cosa, perché gli altri ci riconoscono, perché sembra la scelta logica, ma ciò che sappiamo fare non coincide sempre con ciò che desideriamo davvero.



Domande utili:

  •  Questo ritmo lo sto scegliendo davvero?

  •  Lo faccio perché mi piace o perché mi definisce agli occhi degli altri?

  • Questo lavoro è mio, ma forse in un’altra forma?

A volte la nostalgia, è nostalgia di casa.


Altre volte è nostalgia di sé, di un modo più autentico di stare nel proprio lavoro.

Un piccolo esercizio: per una settimana, ogni sera scrivi una frase che inizi con: “Oggi ho sentito che…”

Non analizzare: scrivilo, dagli attenzione, semplicemente.

Rileggendo, spesso emergono informazioni utili.


Prendersi tempo non è fuga


Prendersi tempo per sé è una forma di autoregolazione.

Quando siamo sovraccarichi, anche ciò che amiamo può diventare difficile.

Se ascoltiamo i nostri bisogni, il viaggio e il lavoro restano esperienze nutrienti.

Perché abbiamo costruito continuità.

Quando invece ignoriamo ciò che proviamo, ciò che facciamo perde di qualità, diventa dovere e lentamente svuota.

La differenza non sta tanto in ciò che facciamo, ma nel modo in cui restiamo in relazione con noi stessi, mentre lo facciamo.

Ognuno ha la sua strada

Non esiste un modello valido per tutti.

Per alcuni il viaggio è nutrimento, per altri, solo in periodi brevi.

L’equilibrio non è fisso: cambia con noi.

E riconoscerlo è già un atto di cura.


Il valore del mentoring


Il mentoring non è un percorso infinito.

È uno spazio dedicato in cui fermarsi, ascoltare ciò che sta accadendo e lavorare sul punto che in questo momento chiede attenzione.

Se questo articolo ti ha parlato, puoi scegliere di approfondirlo nello spazio del mentoring.

Insieme esploriamo ciò che sta emergendo e troviamo strumenti che possano accompagnarti con continuità.

Se desideri continuare a riflettere su questi temi, torna a leggere il prossimo articolo, parleremo di cosa significa essere genitore ed essere artista: un equilibrio delicato e prezioso che coinvolge non solo le madri, ma anche i padri, spesso divisi tra distanza, presenza e senso di identità.



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Conclusione


Viaggiare trasforma.

Ci cambia fuori e ci cambia dentro.

Accogliere la nostalgia, ascoltare i propri tempi, capire quando espandersi e quando tornare, significa imparare a portare casa con sé, quando siamo lontani.


Dott.ssa Ilaria Ermini

psicologa, operatrice olistica, consulente di branding personale.


Per prenotare un incontro con me, puoi cliccare sul link qui sotto

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Laura Andreini
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