La trappola della perfezione
- Ilaria Ermini

- 31 ott
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 7 nov
Inseguendo l’ideale di perfezione, finiamo per perderci e dimenticare di ascoltarci.
Il progetto "Mentoring per Artisti", ideato da Laura Andreini, nasce con un’intenzione profonda: creare uno spazio di ascolto, ricerca di equilibrio e sostegno per chi vive l’arte ogni giorno.
Un luogo, interiore prima che fisico, in cui l’artista possa fermarsi, respirare e ritrovare sé stesso.

Quando la performance, la visibilità e la costante richiesta di eccellenza diventano il centro dell’esperienza, il rischio è che la persona scompaia dietro al ruolo.
Ed è proprio da qui che nasce l’esigenza di un percorso che integri mente, corpo ed energia, restituendo autenticità al gesto creativo e armonia all’essere.
Nel lavoro con gli artisti emergono spesso temi ricorrenti: ansia da performance, blocchi creativi, burnout, paura di non essere “abbastanza”.
Uno dei più sottili e radicati è la ricerca della perfezione, quella voce interiore che spinge sempre un passo più in là, che dice “puoi fare meglio”, “non è ancora il momento”, “non è sufficiente".
L’illusione della perfezione
La perfezione è un concetto seducente.
A prima vista, sembra sinonimo di impegno, dedizione, amore per l’arte, ma sotto questa superficie si nasconde spesso una trappola psicologica: il desiderio costante di approvazione, la paura di sbagliare, il bisogno di controllare ogni dettaglio.

Il perfezionismo è una forma di autoprotezione.
Chi lo coltiva non lo fa per vanità, ma per sopravvivere: per evitare il rifiuto, per garantirsi valore, per sentirsi “al sicuro”.
Eppure, nel lungo periodo, questa tensione verso un ideale, a volte irraggiungibile, ma non per mancanza di competenze o capacità, genera un effetto opposto: l' esaurimento mentale, la perdita di spontaneità, un blocco creativo.
La mente entra in un loop fatto di aspettative e autocritiche, il corpo si irrigidisce, l’energia smette di fluire.
L’artista non crea più: esegue.
E nel momento in cui l’arte diventa prestazione, perde la sua anima.
Il desiderio di essere perfetti puo' portare a consumare energia, spontaneità e ispirazione.
Ci allontana da noi stessi.

Le radici psicologiche della perfezione
Dietro il bisogno di essere impeccabili si nasconde quasi sempre una ferita antica: quella del sentirsi amabili solo a condizione di “fare bene”.
Molti artisti, fin dall’infanzia, imparano a ricevere riconoscimento attraverso la performance: un applauso, un voto, uno sguardo di approvazione.
Questo crea un’associazione profonda: se riesco, valgo; se sbaglio, perdo valore.
Nel tempo, questa dinamica diventa un automatismo.
Ogni errore, ogni incertezza, ogni momento di stanchezza viene percepito come una minaccia.
Così si alimenta il perfezionismo: come un meccanismo di controllo che tenta di tenere lontano il dolore del “non essere abbastanza”.
La verità è che il perfezionismo non protegge: imprigiona.
Tiene l’artista in uno stato di allerta costante, in cui non c’è spazio per l’intuizione, per la libertà o per il rischio.
L’energia vitale, quella che dà calore e unicità alla creazione, viene consumata nel tentativo di essere irreprensibile.

Quando la mente guida troppo e il corpo si spegne
L’artista che vive nella trappola della perfezione tende a separarsi dal sé.
La mente analizza, anticipa, giudica.
Il corpo, invece, reagisce: tensione muscolare, fiato corto, fatica cronica, insonnia o blocchi nella voce e l’energia smette di fluire liberamente.
Il risultato è un paradosso: più ci sforziamo di controllare la performance, più perdiamo naturalezza.
Il gesto non è più un’estensione dell’anima, ma un tentativo di conformarsi a un ideale esterno.
Questo fenomeno non riguarda solo gli artisti: accade in ogni ambito in cui sentiamo di dover “funzionare perfettamente”, nel lavoro, nelle relazioni, nella vita quotidiana.

La verità è che la creatività è fragile
Ha bisogno di spazio, di silenzio, di imperfezione.
Non cresce nella pressione, ma nella presenza.
Rallentare per rinascere
Rallentare non significa rinunciare all’eccellenza, ma scegliere la qualità dell’energia con cui ci muoviamo.
Se siamo sovraccarichi, esausti, o emotivamente tesi, non possiamo produrre una buona performance.
Non perché ci manchi il talento, ma perché il corpo e la mente non sono allineati.
Concedersi tempo per tornare a sé non è debolezza, ma una forma di intelligenza emotiva.
Il vero artista sa riconoscere quando è il momento di creare e quando è il momento di ascoltarsi.
È in questo ritmo, tra fare e fermarsi ad ascoltare se stessi, che si rigenera la forza interiore e torna la vera ispirazione.
Solo tornando al centro possiamo ritrovare chiarezza, energia e autenticità
Tre gesti per uscire dal mito della perfezione
1.Sospendi il giudizio.
Una buona performance non nasce dal controllo ossessivo, ma dalla presenza.
Quando smetti di inseguire la perfezione, inizi davvero a interpretare, non solo a eseguire.
2. Sii gentile con te stesso.
Le imperfezioni non ti rendono meno capace: ti rendono unico.
Ciò che consideri un difetto può diventare la parte più viva e riconoscibile della tua espressione.
L’autenticità emoziona più della precisione.
3. Rallenta
Se sei energeticamente sovraccarico, non puoi creare in modo autentico.
Concederti tempo per tornare a te non è un lusso: è la condizione perché qualcosa di nuovo possa nascere.
Solo quando rientri nel tuo centro, la tua arte torna a emozionare.

Crescita interiore e verità artistica
Ogni percorso di crescita passa attraverso l’accettazione della propria umanità.
Essere consapevoli delle proprie fragilità non diminuisce la qualità di ciò che creiamo: la amplifica.
Perché chi vive con consapevolezza porta verità in ogni gesto, in ogni parola, in ogni nota.
Il Mentoring per Artisti nasce proprio per questo: accompagnare chi vive di arte a riconciliarsi con sé stesso.
Un cammino di cura e consapevolezza, dove la psicologia incontra la sensibilità dell'artista.
Conclusione
Il mondo moderno ci spinge a performare, a mostrarsi sempre impeccabili, a misurare il valore attraverso risultati visibili.
Ma l’artista e l’essere umano consapevole, sa che la vera forza sta nell’essere presenti.
Il Mentoring per Artisti vuole essere uno spazio in cui tornare a sentire:
sentire il corpo, le emozioni, la voce, la verità che si muove dentro.
Perché solo chi sa ascoltarsi può davvero ispirare gli altri.
Lasciamo che la ricerca ossessiva della perfezione si dissolva e che al suo posto resti la cosa più pura che abbiamo: la nostra presenza viva.
Se queste riflessioni ti hanno risuonato, torna sul blog:
il prossimo articolo sarà dedicato a un tema prezioso e spesso silenzioso, vivere a lungo lontano dalla propria casa e dagli affetti: tra nostalgia, radici e nuovi equilibri nel cammino artistico.
Dott.ssa Ilaria Ermini
psicologa, operatrice olistica, consulente di branding personale.
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